Nuove competenze in società multiculturali: intervista con Daniela LaForesta, responsabile Erasmus, sul progetto Mmher

Nuove competenze in società multiculturali: intervista con Daniela LaForesta, responsabile Erasmus, sul progetto Mmher

Dal 27 Luglio del 2021, con una lezione sul multiculturalismo dal titolo “Multiculturalism: a resource for local communities. From ancient time until today”, la nostra project coordinator, Elena Lopresti, ha partecipato al progetto europeo “MMHER – Multidimensional and Multicultural Expertise of Human Resources professionals”.
La nostra società fin dalla sua creazione ha e mantiene un assetto multiculturale, partecipare come ospiti nel progetto “MMHER” ha rappresentato una possibilità di condivisione della nostra vision con studenti italiani ed europei provenienti da 5 diversi Paesi.
Per approfondire le tematiche del “MMHER” e conoscere più da vicino il Programma Erasmus, al quale partecipiamo con 3 Progetti (“MiSport, “Rebokin” e “Play), abbiamo intervistato la Prof.ssa La Foresta, Responsabile delle Politiche Internazionali del Dipartimento di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali della Federico II, anche coordinatrice capofila del progetto, con il contributo del portale informativo “SulSud”

 

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Nuove competenze in società multiculturali: intervista con Daniela LaForesta, responsabile Erasmus, sul progetto Mmher

Come rendere un Dipartimento più competitivo e le competenze degli studenti più aderenti e rispondenti sia alle esigenze del mercato del lavoro che al proprio percorso formativo? Spesso, la risposta si può trovare nella partecipazione ad un programma europeo come l’Erasmus, presentando un buon progetto. Vincere, tuttavia, non è semplice e bisogna affidarsi a professionisti del settore per entrare nelle graduatorie europee, far parte dei partenariati transnazionali e coordinare risorse in modo ottimale, funzionale al raggiungimento di obiettivi e risultati. Vincere comporta l’esecuzione del progetto anche attraverso la formazione e la partecipazione del personale che, acquisendo nuove skills, rende l’ambiente lavorativo più competitivo, contribuendo al miglioramento delle prestazioni locali e regionali a livello nazionale ed internazionale. Infine, vincere un progetto Erasmus vuol dire iniziare a lavorare in un ambiente completamente multietnico e multiculturale, nonostante l’obiettivo finale del programma sia la creazione e la promozione dell’identità europea.

Due parole, identità europea, il cui significato non è forse ancora pienamente compreso, poiché spesso si ritiene che la valorizzazione delle identità locali o di identità derivanti da un portato migratorio, possa essere ostacolata dal contenitore dell’identità europea che, invece, come si rileva dai Trattati è per l’appunto un insieme di diversità che forma un’identità complessa e naturalmente multiculturale, tanto che il motto della Commissione Europea è proprio: “United in diversity”.

Abbiamo rivolto alcune domande alla Professoressa La Foresta, Responsabile delle Politiche Internazionali del Dipartimento di Scienze Politiche e Relazioni Internazionali della Federico II e anche coordinatrice del progetto Erasmus “MMHER – Competenze multidimensionali e multiculturali per professionisti di Risorse umane”, per comprendere appieno il funzionamento del Programma Erasmus + e del progetto “MMHER” di cui il Dipartimento è capofila.

 

Professoressa, lei è Referente per il Programma Erasmus + per il suo Dipartimento: in cosa consiste il programma e perché è tanto importante partecipare per le Università, le organizzazioni e gli studenti?

 

Il programma Erasmus+ è uno dei pilastri dell’azione dell’Unione europea che sostiene la cooperazione transnazionale e facilita la circolazione delle idee e la trasmissione delle migliori competenze, contribuendo così a un’istruzione di alta qualità e rafforzando la coesione sociale.

Per le Università e le organizzazioni degli Stati Membri, il programma Erasmus +, acronimo di EuRopean Community Action Scheme for the Mobility, rappresenta un incredibile strumento di crescita e sviluppo.  Nasce come un programma di mobilità studentesca all’interno dell’Ue nel lontano 1987 proprio grazie all’intuizione di una pedagogista italiana, Sofia Corradi, consulente scientifico della Crui. Oggi, l’Erasmus + è un programma ombrello che riunisce una serie di precedenti linee di finanziamento, ciascuna legata ad un particolare settore dell’istruzione, della formazione, della gioventù e dello sport. L’obiettivo primario è, distinguendosi significativamente dagli altri programmi e dalle altre azioni, la promozione dell’identità europea realizzata non solo attraverso l’incoraggiamento dell’apprendimento e della comprensione della cultura ospitante, ma anche attraverso la creazione di un senso di comunità tra gli studenti appartenenti a paesi diversi.

Nello scorso periodo di programmazione, 14-20, il programma Erasmus ha mosso un numero incredibile di persone, circa quattro milioni grazie a 25.000 partenariati fatti tra 125.000 scuole università, istituti di formazione, centri per l’educazione degli adulti e così via, sono stati poi istituite 150 alleanze della conoscenza che hanno visto riunite insieme più di 1000 istituti di istruzione superiori in progetti altamente innovativi e altrettanto alleanze di competenze settoriali.

Quali sono i contributi dell’Italia e del Sud Italia per la buona riuscita del programma Erasmus +?

L’Italia nel settennio passato ha incrementato in modo significativo il numero degli studenti in coming e outgoing, parliamo di circa 240.000 studenti in uscita e 162.000 in entrata e ciò le ha consentito di scalare la classifica dei paesi con maggiore mobilità, pur rimanendo comunque al terzo posto dopo la Spagna, che resta la prima, e la Francia. Continuando con una differenziazione geografica si affermano le regioni del Nord Italia come le aree con maggiori progetti approvati con maggiori studenti in partenza e con maggiori studenti in coming la Lombardia, l’Emilia Romagna, il Lazio, il Veneto, e soltanto a questo punto la Campania. Per il Sud Italia, la nota è dolente perché se mediamente nel Nord Italia partono circa la metà degli studenti, in Campania e anche per i nostri studenti della Federico II i numeri sono molto ridotti, con ricadute a catena sulla qualità delle competenze e conoscenze acquisite nel percorso formativo e sulla competitività del mercato del lavoro. Sarebbe dunque auspicabile un aumento nella presentazione di candidature e progetti al Sud.

Riguardo il mercato del lavoro è importante sottolineare come l’Erasmus + si sia evoluto da strumento destinato principalmente a studenti ad opportunità rivolta anche a professionisti e lavoratori in diversi settori, con un focus particolare sull’inclusione sociale. In termini pratici, cosa comportano questi cambiamenti nel programma anche per la futura programmazione 21/27?

Questo significa che la Commissione e i Paesi UE dovranno presentare piani d’azione per migliorare l’accesso all’apprendimento e alla mobilità per le persone che storicamente hanno avuto meno possibilità di parteciparvi: diversamente abili, oppure in stato povertà, o che vivono in località remote, o ancore provenienti da un contesto migratorio o adulti. Considerando che l’evoluzione del programma Erasmus + ha generato, nello scorso settennio, un significativo aumento degli scambi volti alla formazione degli adulti con circa 4500 borse di mobilità a valle di 211 progetti per un finanziamento totale di 8 milioni e 230 partenariati strategici coordinati da istituzioni italiane orientate all’innovazione e allo scambio di buone pratiche tra organizzazioni pubbliche e private o impegnate nell’educazione degli adulti o nell’accoglienza dei migranti. In questo caso l’impegno finanziario è stato di oltre 48 milioni di euro. Questi numeri testimoniano il successo del programma Erasmus che è stato recepito dalle istituzioni europee e che hanno infatti provveduto per il prossimo periodo di programmazione, a raddoppiare i finanziamenti che passano da circa 15 a più di 28 miliardi di euro.

Il Dipartimento di Scienze Politiche dell’Università degli Studi di Napoli Federico II dal primo Novembre 2019 è protagonista e coordinatore del progetto Erasmus + MMEHR “Competenze multidimensionali e multiculturali per i professionisti di Risorse Umane”, incentrato proprio sullo sviluppo di competenze multiculturali e multidimensionali 4.0 nell’ambito delle risorse umaneQuali sono stati gli obiettivi del progetto?

Il progetto MMHER, che comprende una partnership di 6 enti, di cui 3 Università, da 5 Nazioni diverse, fra cui Italia, Germania, Grecia, Romania e Turchia, mira, attraverso le varie attività che si sono susseguite nell’arco di due anni, al miglioramento del livello delle competenze e delle abilità 4.0 e ad una più marcata valorizzazione della multiculturalità nel mercato del lavoro, così come delle potenzialità ed abilità digitali nel campo della gestione delle risorse umane. Il fine ultimo del progetto è rafforzare la cooperazione fra mondo della formazione e mondo del lavoro e, non ultimo, contribuire ad una società più coesa. La partnership del MMEHR è composta, oltre che dal Dipartimento di Scienze Politiche della Federico II, dalla Ifa Akademie, filiale dell’Institute for Foreign Relations della Germania, Janus S.r.l. (Italia), l’Università Stefan cel Mare di Suceava, USV (Romania), Panepistimio Thessalias, Università della Tessaglia, UTH (Grecia), Kocaeli Chamber of Industry, KOSANO (Turchia).

Come si è svolto il progetto e quali risultati sono stati raggiunti?

Le attività MMEHR, svoltesi in piena pandemia, non senza difficoltà, si sono dapprima concentrate sulla costruzione di linee guida di qualità per il riconoscimento e la valutazione multiculturale delle skills e poi sulla strutturazione del curriculum MMEHR “Riconoscimento e valutazione multiculturale 4.0 delle risorse umane”.

Il terzo prodotto MMEHR è il corso online “Riconoscimento e valutazione multiculturale 4.0 delle Risorse Umane”. Nell’ottica della cooperazione fra mondo della formazione e del lavoro e l’affinamento delle skills, il progetto ha previsto anche la creazione di una Community MMEHR Facebook, che mira a riunire esperti europei di Risorse Umane che hanno completato il corso e le attività MEEHR, o che ne hanno interesse, e condividono impressioni e discussioni sul tema del riconoscimento e della valutazione multiculturale. La community non vuole solo essere uno strumento per diffondere i risultati del progetto, ma si propone come forum privilegiato di dialogo, interscambio, proposte innovative sulle risorse umane, nell’ottica del multiculturalismo e della multidimensionalità.

La conferenza finale internazionale si è svolta presso il Dipartimento di Scienze Politiche della Federico II il giorno 29 ottobre 2021 ed ha visto la partecipazione di più di 90 studenti ed esperti.

Personalmente, come studentessa della facoltà, ho testato il corso del MMHER durante la sua fase di piloting e sono stata tra i docenti dei momenti di formazione, essendo esperta sui temi dell’identità culturale e del multiculturalismo, essendo uno dei soci fondatori dell’ex testata giornalistica Identità Insorgenti, oggi “SulSud”, e coordinatore di 3 Progetti Erasmus + Sport per una società sportiva napoletana riconosciuta come una delle migliori best practices per l’inclusione sociale dei migranti a livello nazionale ed europeo. Ho trovato il corso molto utile sia ai fini dell’aggiornamento professionale che ai fini dell’acquisizione di conoscenze sulle identità e sul multiculturalismo e sono pienamente convinta della sua funzione propedeutica all’inserimento nel contesto lavorativo.

In che modalità lei ritiene che il corso sia corrispondente alle esigenze che affrontano oggi i manager in società sempre più mutevoli, dove la questione della comprensione delle differenze identitarie gioca un ruolo fondamentale per la tenuta di un team?

In primo luogo, bisogna considerare le sfide che derivano dal vivere in una società multiculturale, come la società italiana odierna, poiché, come ben sappiamo, i processi che portano una società ad essere multiculturale non sono né semplici, né scontati e soggetti ad ostacoli e confronti a cui non sempre si è in grado di rispondere. Inoltre, il processo varia in base al contesto culturale delle varie arie geografiche del pianeta, ma una buona gestione di una società deve mutare insieme ai cambiamenti interni alla società stessa. Per tale motivo, la comprensione dei concetti di identità e diversità culturale diviene rilevante non solo nel contesto professionale, dove sicuramente acquisisce una dimensione importante, ma anche per lo sviluppo di un buon grado di coesione sociale in generale. Il corso dunque fornisce degli strumenti volti ad uno studio scientifico di concetti come identità, multiculturalismo, diversità culturale, affiancando nozioni teoriche con esempi pratici di gestione delle risorse umane in un contesto e un ambiente multiculturale. Punta all’acquisizione di competenze e soft skills senza le quali sarebbe difficile se non impossibile sviluppare un’intelligenza culturale. Di fatti, anche se un individuo possiede un buon grado di intelligenza culturale di base, non sempre possiede tutte le conoscenze e le skills a supporto della diversità nel luogo di lavoro necessarie per affrontare pregiudizi cognitivi o gestire un gruppo multietnico e multiculturale. Buona comunicazione, ascolto, rispetto sono sicuramente parole e concetti chiave da approfondire per uno specialista del settore.

Quali sono impatti e vantaggi derivanti dalla creazione di un team di lavoro multiculturale dove siano valorizzate ed accettate le diversità culturali?

La protezione della diversità culturale è iniziata con l’apparizione a livello dell’UNESCO del primo strumento legale che parla espressamente di protezione (E ci riferiamo qui alla dichiarazione UNESCO sulla diversità culturale del 2001 e sulla convenzione UNESCO Sulla diversità culturale di espressione del 2005). Recentemente, più precisamente 24 settembre 2009 l’apertura del Protocollo opzionale alla Conferenza Internazionale Sui diritti economici, sociali e culturali – che entrato in vigore 5 maggio 2013 -rappresenta nuovo step verso la direzione di razionalizzare il meccanismo per la protezione dei diritti economici sociali e culturali. La letteratura ha evidenziato come la diversità culturale abbia un impatto estremamente positivo sull’innovazione: Audretsch et al. (2009) hanno osservato come in Germania la diversità culturale ha un impatto positivo sulle start-up nel settore dell’high-tech in Germania. Audretsch et al. (2019) hanno mostrato che la diversità culturale è un elemento che favorisce la sopravvivenza e la sostenibilità delle imprese attraverso l’esplorazione di nuove conoscenze. Nathan e Lee (2013), in uno studio condotto su Londra, hanno osservato che imprese con un management multiculturale più frequentemente lanciano prodotti innovativi sul mercato e raggiungono più facilmente i mercati internazionali.

Tutti gli argomenti finora trattati potranno essere approfonditi attraverso il corso online del progetto “MMHER”. Potrebbe illustrare ai nostri lettori come accedere alla formazione?

Il corso online del MMHER “Riconoscimento e valutazione multiculturale 4.0 delle Risorse Umane” è flessibile e dinamico, appositamente studiato per le modalità e i tempi dei vari gruppi target del progetto, nello specifico studenti, formatori e nuovi esperti nelle risorse umane.

Il corso, ospitato sulla piattaforma universitaria Federica, è totalmente incentrato, come già accennato, sulle risorse umane, la valorizzazione del multiculturalismo e l’affinamento delle soft skills. È possibile iscriversi al corso accedendo o iscrivendosi alla piattaforma Federica e cercare, fra i vari corsi, il corso “MMEHR” o accedere direttamente dal sito web del progetto, http://www.hrmmexpertise.eu/. A corollario del corso, v’è il manuale di implementazione, utile per chiunque voglia integrare il corso nei propri piani di studio individuali.

Inoltre, invitiamo tutti a seguire gli sviluppi del progetto sulla pagina Facebook e Twitter, e ad iscriversi alla Community MMEHR per partecipare alle discussioni e agli interscambi professionali.

 Elena Lopresti

 

 

venerdì 05 novembre 2021

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